Laila Al Habash e il suo mystic pop

Laila Al Habash è un’artista italo-palestinese di 23 anni che da un po’ sta catalizzando l’attenzione con la sua musica. Finalmente dopo alcuni singoli e un ep pubblica il suo primo album “Mystic Motel”: 12 stanze-canzoni di pop empatico, quello vero senza patine.

E’ bello vedere artisti entusiasti, pronti a rilasciare al mondo la fatica più grande, il primo passo verso la realizzazione di un sogno vero, sto parlando del primo album quello che come il primo bacio non si scorda mai.

Laila Al Habash il suo “Mystic Motel” (Undamento) se lo è sudato, ha pubblicato alcuni singoli, poi l’ep “Moquette” e fatto un po’ di live prima di arrivare sino a qui.

Italo-palestinese cresciuta a Roma, ora milanese d’adozione, Laila ha creato un album di pop puro, che suona omogeneo e in 12 tracce ci porta attraverso le sfaccettature della sua personalità, con un risultato sincero e disarmente.

In questo disco Laila si mette a nudo e non si copre dietro feat. altisonanti come oggi va di moda, ma ce ne offre uno “Sbronza” in cui canta insieme a Coez, aggiungerei quindi il coraggio tra le sue qualità.
Ecco cosa ci siamo raccontati tra uno scatto e l’altro:
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Laila Al Habash indossa giacca SSHEENA 
Ciao Laila, finalmente sei arrivata al tuo primo album, come ti senti?

Finalmente ho raggiunto un goal personale, è il mio primo lavoro completo con cui mi presento. Ci ho lavorato tanto ed il percorso è stato organico, nel senso che non sento di essermi mai bruciata ma mi sono presa i miei tempi, quelli adatti a me.

Quando hai capito che la musica era la tua strada e che volevi fare sul serio?

Non da molto, ti direi due anni fa, quando ho preso la decisione di trasferirmi a Milano e fare sul serio concentrandomi in tutto e per tutto sulla musica.

“Mystic Motel” è un titolo evocativo che mescola un luogo d’incontri clandestini al misticismo, qual è tua visione a proposito?

La mia intenzione era quella di creare un luogo dove ogni stanza fosse una canzone, motel perché venendo dalla provincia romana ho famigliarità con tutto ciò che è strada e macchine e poi mi piaceva la dimensione segreta e un po’ losca del motel, mentre mistico perché il misticismo fa parte di me e del mio immaginario.

Quando ascolti il disco immagina che ci sono io all’entrata di un motel che ti accolgo e ti faccio vedere tutte le stanze, che poi sono le mie canzoni.

Nel disco ci sono alcuni brani in cui con la produzione hai osato di più, penso ad “Abbagli” ad esempio il pezzo che lo apre che ha un suono quasi metallico o a “Sabbia” che ha una coda strumentale che non ti aspetti. Com’è andata?

Capisco cosa intendi, mi trovi d’accordo sul fatto che alcuni pezzi siano più elaborati ma ci abbiamo lavorato tantissimo, ad esempio “Abbagli” ha un groove pesante ed è stata una delle più difficili da chiudere perchè non eravamo mai soddisfatti. “Sabbia” lo definirei un esperimento con quel finale che cambia inaspettatatamente.

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   Laila Al Habash indossa blazer DELFRANCE, abito LECAVALIER, scarpe SIMON CRACKER X DA QUY
I tuoi testi appaiono molto sinceri e personali, quasi un diario, è così?

Non potrei fare altrimenti, non so raccontare cose che non ho vissuto in prima persona, è tuto reale, è quasi un modo per digerire la mia vita.

In un periodo storico in cui la musica si nutre di feat. tu sei andata controtendenza e nel disco ne hai uno solo, “Sbronza” con Coez, ti dico brava per il coraggio e ti chiedo come mai hai scelto proprio lui?

Non ho mai sentito la necessità di fare dei feat. ma Coez è un artista che stimo molto e lavorare con lui è stato molto naturale, gli ho mandato una demo senza sapere se se gli sarebbe piaciuta e invece! E’ un artista con un gran cuore.

In “Sunshine” c’è un tuo vocale in cui spieghi la tua ricetta del pollo al curry, ma ad un certo punto la musica lo sovrasta e non si capisce più. non puoi lasciarci così con la ricetta a metà!

Ahahahah è davvero un vocale con una vera ricetta del pollo al curry. E’ un piccolo segreto del disco e c’è un motivo per cui è stato messo lì, ma non lo svelerò perché mi piace che ognuno possa dargli la sua interpretazione.

Parliamo di un altro pezzo, “Ponza” è un luogo a cui sei particolarmente legata?

Sì perché ci sono stata molte volte e mi sono accadute tantissime cose, la canzone parla di una grande litigata avvenuta a Ponza, una di quelle in cui pensi si stia per rompere tutto ma poi non si rompe mai. E’ una canzone allegra ma in realtà parla di rabbia e della paura che tutto si sgretoli.

Hai fatto parte della playlist “Equal” di Spotify poco dopo che il ddlZan è stato affossato, cosa ne pensi?

Lo vedo come un inciampo verso un traguardo, è impossibile che l’Italia non ci arrivi a questo risultato. Quello che è successo è vergognoso, ma il progresso è inarrestabile, il mondo sta andando in questa direzione. Bisogna continuare a lottare e ad alzare la voce per i propri diritti e per quelli degli altri. Partecipare alla playlist “Equal” è un messaggio piccolissimo, ma anche i piccoli gesti sono importanti per raggiungere più persone, sono necessari.

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Laila Al Habash indossa t-shirt HUMPTY DUM, pantalone SSHEENA, scarpe CANAKU
I tuoi brani dal vivo hanno una veste differente o sono simili al disco?

Sono riarrangiati perché nella formazione c’è una batteria acustica per regalare un esperienza da concerto. Siamo tre donne sul palco, io, la mia tastierista Plastica e Danila Guglielmi che è anche la batterista di Myss Keta. Siamo delle brave musiciste e tutte anche molto legate alle tematiche di genere e LGBTQIA+, siamo tutte attiviste e ognuna porta avanti la sua battaglia. Plastica ha fondato quest’anno, (Insieme a Elisa Massara aka Elasi ndg), “POCHE“, un collettivo di produttrici donne. Vado molto fiera di questa formazione, siamo brave e spero che possiamo portare un messaggio ed essere anche d’esempio per altre ragazze che vorrebbero affrontare dei live ma non si sentono all’altezza. Ragazze si può fare!

Sei nata e cresciuta a Roma ma cosa c’è nel disco delle tue origini?

Il deserto del Wudi Rum in Giordania, da cui viene mio padre e il rimando alla strada, alle macchine, all’odore dell’asfalto della provincia in cui sono cresciuta.

Del brano “Complimenti” mi è rimasto impresso un verso: “Sarà colpa della luna di fuoco che c’ho”, so che sei appassinata di astrologia, viene da lì?

Sì, perché fa parte della mia carta astrale, mi diverte che anche Lana del Ray abbia inserito l’astrologia nei suoi testi, in “Chemstrails Over the Country Club” canta: “My moon’s in Leo, my Cancer is sun”. Io in “Complimenti” che è un pezzo a cui sono particolarmente legata parlo della voglia e del desiderio di sentirmi adorata, di pretenderli questi complimenti.

Noi donne abbiamo questo problema di odiare noi stesse e le prossime, da piccola devi odiare le tue compagne di classe, poi la tipa del tuo ex, poi le rivali, poi sul lavoro chi è più brava, chi è più bella e quando ti rendi conto che questo è un meccanismo tossico e cerchi un po’ di sostegno ti dicono tutti: “E va be ma sei tu che sei vanitosa, ammazza quando sei insicura!”.

Qui invece ti dico fammi dei complimenti fammi sentire che vado bene per favore che ne ho bisogno, quando canto “Sarà colpa della luna di fuoco che c’ho” è perché la luna in astrologia rappresenta l’ego, e la mia è piuttosto prepotente perché è in leone come quella di Lana per altro! Ma è la luna che mi fa stare sul palco e cercare attenzione, quindi nella canzone dò la colpa all’astrologia.

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Laila Al Habash indossa giacca HUMPTY DUM , pantalone ROMEO GIGLI, scarpe ACUPUNCTURE, calze SOCKSSS
A proposito di astrologia, è vero che ti chiedono tutti di fargli le carte? Come nasce questa passione?

Da quando ho memoria. Mi ricordo il giorno preciso in cui chiesi a mia madre di insegnarmi a fare le carte, avevo cinque anni. Io da bambina guardavo Paolo Fox e seguivo l’oroscopo in tv prima di andare a scuola. Ho cominciato ad appassionarmi di astrologia alle medie con i temi natali e ora la studio seriamente.

Per quanto riguarda i tarocchi li porto sempre con me, perché chi mi conosce mi chiede spesso di fargli le carte.

Prima hai citato Lana Del Rey è una delle tue ispirazioni?

Ma a dir la verità è stato più un caso ahahah. Però ora che ci penso quando uscì avevo 12 anni e sentire una donna che cantava di relazioni con uomini anziani e cocaina… forse non era il massimo ripensandoci, ma un po’ mi ha influenzato. Ma musicalmente io sono molto radicata nell’indie italiano, amo i Baustelle e il mio album  è prodotto da Niccolò Contessa (I Cani) e anche da Stabber.

L’ultimo album di cui ti sei innamorata:

“Contenta Tu” di Marco Castello, un album molto delicato con parole particolari, tanto suonato che è una cosa che quasi non si fa più, ma ricordo che quando l’ho ascoltato la prima volta ho pensato che ci voleva proprio un album così.

Salutiamoci così: istintivamente ora qual è la stanza del tuo Motel in cui entreresti?

Ehehehe entrerei in “Abbagli” perché stasera ho la prima data del tour e mi serve un po’ di carica e di forza, è la mia prima data grossa!

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Laila Al Habash indossa trench HUMPTY DUM, pantalone SSHEENA, scarpe SIMON CRACKER X DA QUY

In cover Laila Al Habash indossa trench HUMPTY DUM, pantalone SSHEENA, scarpe SIMON CRACKER X DA QUY

WORDS: Marco Cresci
PHOTO: Simon
STYLIST: Alex Vaccani
STYLIST ASSISTANT: Alessandro Marzo

*Prossimi eventi live:

13 gennaio 2022 Milano, Tunnel Club

14 gennaio 2022 Rivoli (TO) Circolo della Musica

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