Emma Nolde: musica per le nostre “voci stonate”

Emma Nolde con il suo secondo album “Dormi”, prodotto insieme a Motta, intreccia tutte le sue personalità: delicata, vulnerabile, combattente, mettendo in evidenza una maturità rara per i suoi 21 anni. Emma è la voce fuori dal coro nel panorama italiano di cui avevamo bisogno, per questo è la nostra cover star di novembre.

E’ alta alta Emma Nolde e con i sui occhi magnetici ti ingloba quando ti guarda e non capisci mai bene quello che sta pensando, è come se si stesse sempre interrogando su qualcosa, ma non ti mette a disagio anzi t’incuriosisce, ti porta a farti delle domande.

Anche il suo secondo disco “Dormi” lo fa, ti porta a chiederti come sia possibile che una ragazza toscana di 21 anni possa scrivere dei testi tanto personali e maturi, così lontani da quelli che circolano in classifica e con cui anche una persona adulta si può identificare.

Nel 2020 il suo debutto “Toccaterra” dimostrò di saper scavare nella profondità dell’anima in modo diretto con uno stile di scrittura che già si distingueva e che mostra quella lotta interiore tipica di un adolescente, ma che però si sente a proprio agio tra i grandi, immaginate che turbinio di emozioni.

Artista queer o meglio “frocia” come si definisce lei col suo accento toscano, Emma Nolde scrive testi toccanti e fuori dal suo tempo, anche se non ama parlarne.

Nella sua musica cantautorale mescola diversi stili ed esplora mondi, dall’amore viscerale, a cosa significa lasciare andare chi si ama, ma anche il desiderio di ricordare i nostri diritti e la privazione della libertà causata dalla pandemia in giovane età, mettendo in evidenza un innegabile talento che dal vivo esplode, ti travolge e ti strugge.

Abbiamo passato una giornata con lei sul set:

Ciao Emma, come stai?

Bene grazie, io sono abituata a suonare, quando mi trovo in un contesto come questo, su un set fotografico, quando torno a casa la sera mi chiedo sempre: chissà se avrò fatto qualcosa di buono…

Come hai approcciato il nuovo album “Dormi” rispetto al precedente?

Diciamo che il primo album l’ho fatto quasi senza accorgermene, ero certa di voler cantare in italiano perché volevo che mi capissero tutti e facevo tutto molto di getto, ero invasata in un sentimento strano che era tutto dentro la mia testa.

“Dormi” invece mi ha portato a farmi più domande, dopo aver scritto 8 pezzi ho cominciato ad interrogarmi sull’ispirazione e sul suo reale significato e la risposta è che bisogna scrivere sempre in continuazione perché questa ispirazione non c’è sempre, la vedo come un allenamento piuttosto che un momento casuale.

Ti dovrebbero succedere sempre cose bruttissime nella vita, e si spera di no, da cui trarre ispirazione continua, ma poi capisci che l’ispirazione è un allenamento in cui decidi di buttare giù un muro per guardare oltre.

E’ una cosa personale che dipende da te, io non credo a: “ho scritto poco perché non mi sentivo ispirata”, significa che sei pigra o meglio per come intendo io la pigrizia che hai paura di confrontarti con qualcosa di cui hai paura.

Scrivere mette in gioco tantissimo l’auto giudizio, è una sfida costante con te stesso e devi lasciarti andare, ma non sempre ci si riesce.

Vorrei mettere a confronto le copertine di “Toccaterra” e “Dormi”, che definirei entrambe materiche, tu appari in entrambe nuda e con gli occhi chiusi. Nella prima abbracci un cavallo e il tuo corpo è composto da cocci incollati come se ti fossi rotta mentre in “Dormi” sei in un liquido spugnoso che evoca una rinascita. Me ne parli?

Ero immersa in un acqua termale biancastra quindi non si vedeva cosa ci stava sotto, l’idea iniziale era quella di me immersa nella placenta, andando avanti e tenendo molto al titolo “Dormi” non volevo che la cover suggerisse insieme alla sua evocazione fetale il chiudersi dentro a qualcosa, l’inibirsi e fare finta di niente.

Per me quello che vedi è una persona che dorme in una situazione calda, volevo trasformare quell’ambiente in qualcosa di difficile perché la verità è che per me “Dormi” significa immaginare qualcos’altro quando le cose non vanno come vorresti.

Quindi mi vedo più come sulla bocca di un Vulcano e non in un grembo materno che è un posto sicuro.

Quindi non è un caso se il primo verso che canti nell’album è “Ridatemi la stessa luce di quando ho aperto gli occhi per la prima volta, voglio accendermi anche se il fuoco ora è coperto”…

Esatto, è la rinascita, e il primo brano che si chiama “Fuoco Coperto – Intro”, oltre ad essere un rimando al coprifuoco è avere a 20 anni un fuoco dentro che è stato soffocato per questo canto: “ridateci la notte per tornare a casa stanchi, avrete i miei 20 anni non avrete i miei ricordi”.

Io avevo voglia di fare tantissime cose e non potevo, quindi questo fuoco ardente mi è stato soffocato.

La noia aleggia nei tuoi testi, come ci convivi e come la scacci?

Io vivo la noia malissimo, devo sempre fare qualcosa e penso di avere un problema perché non riesco mai a godermi i momenti vuoti. Mi sento molto stoica ed ho un forte senso del dovere, questo mi porta a non godermi i momenti di rilascio.

Se sono soddisfatta e consapevole di aver fatto qualcosa di utile nei giorni precedenti allora riesco a godermi un giorno libero, altrimenti diventa pesante perché mi sento in colpa e non so nemmeno con chi.

Riconosco sia un problema generazionale, ti faccio un esempio, apro il telefono e vedo un mio amico che è andato a suonare, un’amica che è a studiare in biblioteca, e tu sei a casa e pensi: sto perdendo tempo!

La noia in relazione al tempo libero è deleteria, bisogna imparare a tenersi del tempo solo per se stessi, io in quarantena mi sono fatta due settimane senza smart phone, avevo un cellulare di quelli vecchi solo per fare telefonate e mi son resa conto di aver vissuto la noia in un modo molto più sereno, senza distrazioni e suonavo. A volte è necessario mettersi dei paletti.

Il nuovo singolo “Voci Stonate” è uno dei miei preferiti, intanto lo vedo come un inno alla nostra comunità, e poi mi piace quando arriva quel coro che sembra quasi il tuo esercito pronto a proteggerti…

E’ vero, è una canzone che emoziona molto anche me.

Com’è stato lavorare con Francesco Motta alla produzione, vi conoscevate già?

Ci siamo conosciuti perché ho aperto un suo concerto nel 2018, in quell’occasione gli feci ascoltare i provini di “Toccaterra” e mi disse: “Brava, continua a scrivere”. Dovevamo forse lavorare insieme già in quell’occasione ma la sua risposta mi frenò, così sono tornata da lui due anni dopo con i demo di “Dormi” e mi ha detto: “Ok, dobbiamo lavorare insieme”.

Motta è stato molto rispettoso verso il mio lavoro ed i provini, io apprezzo molto il lavoro che ha fatto poiché come un cantautore si è messo da parte, mi spiego meglio: se senti tutti i provini e poi il lavoro che ha fatto sentiresti una differenza macroscopica.

Mi ha aiutato ad affinare i testi dicendomi:”questa cosa non mi arriva, risolvila”, non mi ha mai dato risposte o soluzioni, ma tantissimi spunti di riflessione.

Cosa hai imparato da lui?

A togliere in un momento in cui le produzioni delle canzoni sono sature, è tutto un aggiungere, la domanda che mi ha fatto più spesso è: “Ma ce n’è davvero bisogno?”. Ho imparato a sottrarre nella musica e a scrivere in un modo più schietto anche se a me piace girare intorno alle cose e far pensare chi mi ascolta.

Come ti senti nel panorama musicale italiano, hai fatto l’album che volevi senza pensare al mercato e soprattutto privo di featuring!

Non se ne può più di stì featuring diciamolo! In questo momento mi sento di essere al di fuori di questi meccanismi, sia a livello numerico, che comunque è una cosa che ti identifica se ti vuoi considerare parte del panorama italiano, io invece sono molto underground. E questa è una cosa che alcuni giorni mi fa dire: “Ok mi sa che devo lavorare su alcune cose” mentre altri penso: “Che figata non essere riconducibili ad una scena!”. Ecco questa è una qualità che spero di non perdere mai.

Non mi sembri una che scende facilmente a compromessi…

Assolutamente no!

Prima mi dicevi che nei tuoi testi tendi a girare intorno alle cose, per me hai un metodo di scrittura che genera empatia, il tuo album è un vortice di emozioni che a volte fanno bene e altre meno, e alla fine ti lascia un po’ con i nervi scoperti…

(ridacchia ndg) Sì è vero, meno male che mi dici questo perché è una cosa a cui tengo tantissimo, intanto il dire cose che non valgono solo per me dicendo cose che in realtà valgono solo per me. Se canto “ci ritroveremo una sera in cucina con le luci bianche a mangiare cereali” per quanto sia una cosa che faccio spesso con i miei amici magari c’è chi lo fa a casa da solo perché è triste e qualcun altro perché non riesce a dormire.

Mi hai fatto ridere sembra una frase di Calcutta quella dei cereali!

Ahahahah è vero, mandiamogliela!

E gli diciamo che ci manca!

E’ giusto che ci manchi, bisogna prendersi il proprio tempo prima di tornare.

In “Storia di un bacio” c’è una frase molto bella in cui dici: “Mi serve la rincorsa per caderti sulla bocca” sembra il verso di una poesia.

Grazie, che bello. All’inizio doveva intitolarsi “Margine” e nacque da un discorso tra me e il mio manager Luca in macchina, lui è un insegnate di filosofia mancato, e parlavamo dell’incoscienza che ci vuole quando baci qualcuno per la prima volta, a volte è chiaro il ricambio ma altre è un tuffo nel vuoto e sperare che vada bene. Quella frase significa proprio trovare il coraggio per essere incoscienti. Stacca il cervello e buttati spegni il cervello, come quando stai per saltare dagli scogli al mare e ti chiedi, mi butto o non mi butto e alla fine non pensi a nulla e lo fai. E poi lo vuoi rifare subito!

La tua voce cambia e si modula molto a seconda del pezzo, è una cosa che ti riesce naturale fare?

Fortunatamente si, sento che per alcuni testi c’è bisogno di essere duri e per altri invece più delicatezza, sento che bisogna essere malleabili a livello vocale e quindi mi ci diverto.

Mi sembri una persona sensibile ma poi quando canti emani forza, hai un po’ questa dicotomia ti ci ritrovi?

La sento pure io! In alcuni momenti sono molto indipendente, intendo a livello emozionale, sono una che sa stare da sola. In altri momenti mi rendo conto che avere qualcuno accanto, e non parlo necessariamente di un partner, io ho 21 anni e vivo con mia madre a San Miniato in provincia di Pisa, in campagna.

Lei a volte arriva a casa la sera e accende la tv e a me questa cosa fa benissimo, sapere che dall’altra parte c’è qualcuno anche se poi nemmeno ci becchiamo. Io sono una che per dormire ha bisogno dei rumori di sottofondo, tipo che lascio aperto i video di yuotube dove c’è un phon acceso. Sapere che attorno a me sta accadendo qualcosa mi fa star bene e colma quel senso di vuoto che mi porto sempre appresso, si lo so c’è un po’ di horror vacui in questo. Ci sono momenti in cui ho bisogno degli altri e momenti in cui son rigida e vado diritta, dipende dai giorni.

Si parla tanto di fluidità e di rifuggere gli stereotipi ma poi siamo pieni di articoli tipo “la nuova scena queer italiana”, in uno di questi ci sei finita anche tu, non ti suona come un autogol?

Sono totalmente d’accordo con te, ci son anche tantissime playlist e manifestazioni musicali improntate sull’essere queer e credo che non si dovrebbero fare e lo dico da persona queer anzi da frocia. Sono finita anche io sulla cover di una di queste playlist e mi ha fatto piacere, ma io sono molto dell’idea che ci sia sicuramente bisogno di un passaggio come fu per il femminismo vissuto in modo estremo.

C’è bisogno di dialogare, di fare talk dove si parla della condizione della donna al giorno o d’oggi, ma bisogna farlo in modo critico se no tu parli di chi pensi sia una vittima e in questo modo confondi. Non bisogna parlare di privilegi in quanto vittime ma ci vuole critica ed equalità. Per l’ambiente queer è uguale, più crei distacco più aumenti la difficoltà per gli altri nel considerarti quello che sei a prescindere dal genere.

Purtroppo ci sono tantissimi progetti che strumentalizzano il mondo lgbtq+ facendolo diventare marketing, soprattutto in America e costruire una carriera intorno all’essere frocia non ha senso, è strano. Io non lo dico mai, ma le mie canzoni lo dicono, ci arrivi se le ascolti, solo il mio babbo non c’è arrivato, gli ho dovuto dire: “Ma hai sentito cosa dico?”, lui invece pensava che parlassi di qualcun’altro.

Quindi hai fatto coming out in famiglia tramite la tua musica, è bellisimo!

Le canzoni mi sono servite, mio padre la prima volta che gliel’ho detto pensava fosse colpa di una persona con un’influenza negativa su di me, che mi aveva trasformato.

Io invece gli ho fatto notare che da quando ho 13 anni scrivo canzoni solo declinate al femminile, è stata la prova per fargli capire che era una cosa mia e non l’influenza di una persona.

Che musica ascoltavi da teenager, quindi non molto tempo fa?

Pop! Tantissimo pop, i Coldplay, Ed Sheran, la prima Elisa, poi ho scoperto Lauryn Hill ed è stata un’influenza fortissima, lei ha fatto un solo album ed è diventato leggendario. Poi sono arrivati Bon Hiver o i R.E.M.

Come sarà il tuo nuovo live (che comincia domani sera ndg)?

Sarà un live molto suonato, con un batterista, un violoncellista che suona anche le percussioni e un pianista che è anche sassofonista. Finalmente sarà un live più lungo perché ora ho più canzoni, prima soffrivo questa cosa di non poter costruire la scaletta in un certo modo. Abbiamo diviso un po’ le canzoni in capitoli seguendo un percorso emotivo, costruendo un viaggio.

Salutiamoci con l’ultimo album di cui ti sei innamorata:

Un album non nuovo ma bellissimo, “Novo Amor” di Birthplace, ascoltalo ti piacerà.

All Clothes Marcelo Burlon County of Milan

PRODUCTION & WORDS: Marco Cresci
PHOTO: SIMON & Creative partner Simona Pavan
STYLIST: Alex Vaccani
STYLIST ASSISTANT: Alessandro Marzo
GRAPHIC COVER: Didier Falzone

Emma Nolde “Dormi tour 2022” :

4 novembre 2022 LIVORNO The Cage

11 novembre 2022 TORINO Hiroshima Mon Amour

17 novembre 2022 ROMA Monk

18 novembre 2022 BOLOGNA Locomotiv

24 novembre 2022 MILANO TBA

25 novembre 2022 BRESCIA Latteria Molloy

3 dicembre 2022 FIRENZE Viper

23 dicembre 2022 RAVENNA Bronson