Balenciaga: fetish, consumismo e Adidas

Lo sport, e tutti i brand che gli ruotano intorno, che ci piaccia o no, ormai si è infiltrato nella moda di lusso restando fedele a se stesso anzi vincendo nella battaglia di chi si fa da parte per primo.

Adidas, ad esempio, si conferma il player sportivo prediletto dalle maison  con una tradizione che parte dalle collabo con Stella McCartney, Yohji Yamamoto, Jeremy Scott, Beyoncè fino ad arrivare alle più recenti come quelle con Prada, Gucci e in ultimissima Balenciaga.

Pensandoci bene oggi è difficile trovare nella moda qualcosa di tanto importante quanto trasversale come le collabo, termine poco autentico utilizzato negli ultimi anni per indicare l’ormai consolidata pratica delle collaborazioni tra brand. 

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Se all’inizio di tutto il loro ruolo era quello di creare un ponte tra realtà e consumatori diversi, Supreme e Louis Vuitton rendono bene l’idea, oggi le collaborazioni hanno assunto lo stato di semplice esercizio di stile, finendo per perdere il loro significato originale e trasformandosi progressivamente in una pratica quasi fastidiosa. 

A questo “fastidio” si aggiunge il capitalismo e così Demna da Balenciaga rincara la dose dicendo che “La sfida più importante per qualsiasi tipo di creativo e realizzare un prodotto che sia desiderabile, ecco cosa dovrebbe fare la moda. Il successo commerciale dei prodotti è legato a quella desiderabilità. Ed è la cosa più grande e difficile”

accentuando in questo modo il rapporto tra moda e business non solo attraverso la location, la borsa di NY, ma con l’invito per la sfilata che era una mazzetta di soldi finti.

Tutti in passerella avevano testa e volto coperti da maschere bondage in latex con piccoli fori solo per bocca e occhi, questo perchè se ci pensiamo bene in un certo senso la moda oggi cancella l’identità delle persone. Tutti saltano sul vagone delle tendenze e iniziano ad assomigliarsi, senza contare che di per se l’abbigliamento è un oggetto fetish. 

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Non è sbagliato dunque dire che c’è un link tra fetish e denaro che è il feticismo più grande del mondo.

Senza andare troppo lontano ma scardinando la collezione Resort 23 di Balenciaga, Demna offre, secondo me, due spiegazioni chiave per il modo codificato e competitivo in cui ci vestiamo: il molto tempo libero e il grande consumismo.

In una società divisa in classi, i membri della classe più alta cercano di ostentare il fatto che non lavorano, o, se lo fanno, che non sudano e non si sporcano le mani. Il lavoro delle classi superiori è “utilizzo”, mentre quello delle classi inferiori è “fatica”.

L’ideale che sta alla base di una società divisa in classi è semplicemente che le persone migliori non debbano lavorare. Oggi va bene lavorare solo se per farlo usi un iPhone e non metti piede in ufficio o in un negozio, dal momento che compi tutto online o su Instagram come la noiosa, obsoleta, poco moderna e discutibilmente bella tuta Balenciagadas.

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