Stuart Sandford, la visione celebrativa del mondo lgbtq+

Stuart Sandford è un artista multidisciplinare che si esprime soprattutto attraverso la fotografia, la pittura e la scultura. La sua arte è focalizzata sull’universo maschile, omaggiandola e trasmettendo positività alla comunità lgbtq+.

Nato in Inghilterra a Sheffield, Stuart Sandford ha vissuto e lavorato in America, i suoi lavori includono la fotografia come la serie di polaroid tagliate e riassemblate con soggetti che variano dagli amici a gli amanti. Le sculture come ad esempio l’opera ADLOCUTIO (SEAN FORD) che partendo da semplici selfie, dal mondo digitale e dagli influencer ha realizzato utilizzando tecnologie di scansione 3D una scultura, con soggetto l’attore e modello Sean Ford. Stuart Sandford attraverso la sua arte sfocia anche nella pittura come ad esempio una serie di quadri realizzati ad olio. I suoi lavori sono stati esposti in gallerie e musei internazionali come il Museum of Contemporary Art di Detroit e il Centre de la Photographie a Ginevra e in diverse città del mondo come Londra, Roma e Città del Capo.

Stuart Sandford considera il suo modo di fare arte come un momento intimo e celebrativo dove scambiare momenti di energia in un mondo dove ne abbiamo sempre più di bisogno.

Chi è Stuart? E com’è avvenuto l’approccio al mondo dell’arte?

Suppongo si possa dire che sono uno scrittore e regista fallito che in qualche modo è inciampato nel mondo delle belle arti e ha scoperto di essere bravo.

Cosa ti piace di più della fotografia?

La sua capacità di catturare un momento che altrimenti potrebbe essere perso per sempre.

Come definiresti il tuo modo di fotografare?

Intimo, immediato, celebrativo. Ho sempre chiamato il mio lavoro fotografico “ritratto diaristico” perché anche se molte delle mie immagini potrebbero non sembrare messe in scena, lo sono sicuramente.

Da dove trai ispirazione per i tuoi lavori?

Ovunque, cerco sempre. Molte ispirazioni provengono da altri artisti e dalla storia dell’arte classica e contemporanea, anche dalla cultura popolare.

Tra le tue tante espressioni artistiche ne prevale una in particolare che riesce a farti esprimere al meglio la tua necessità di manifestare creatività?

Dal 2007 quando ho fatto la serie Cumfaces, fino ad oggi, sono i selfie.

Le sculture che crei sono progettate su corpi esistenti di veri uomini?

Sì, proprio come i miei lavori fotografici, infatti l’ho considerata un’estensione della fotografia, è solo che sto creando opere in 3D piuttosto che in 2D.

Cosa ti piace maggiormente del corpo maschile?

Sono più interessato alla faccia che al corpo ma ci sono zone che ovviamente attirano la mia attenzione, il culo è una di queste e anche un bel paio di gambe.

Com’è nata l’idea di scattare uomini nudi?

Riguardava principalmente la celebrazione della sessualità gay. Sono cresciuto con molte rappresentazioni negative di esperienze LGBTQ + e volevo aggiungere una rappresentazione positiva a quel dialogo.

Cosa ti trasmette scattare uomini sdraiati nel tuo letto?

Uno scambio di energia, di bellezza, di un momento condiviso nel tempo, essendo il tempo il bene più prezioso che abbiamo.

È fondamentale il sesso per la tua arte?

Non sono particolarmente interessato al sesso nella mia pratica, infatti se guardi il corpo del mio lavoro le rappresentazioni reali del sesso sono poche e lontane tra loro. Molte persone vedono il corpo nudo e lo collegano automaticamente al sesso, ma non è esplicitamente il mio caso.

Tra i tuoi lavori c’è ne uno a cui sei più legato? Se si quale e perché?

Oh bella domanda! Posso averne due invece di uno per favore? Penso che la mia testa di bronzo Sebastian (reliquia) n. 1 in blu di Yves Klein in quanto evoca molte delle idee essenziali che formano la mia arte, così come il dipinto del 2019, The Body Is The Instrument (Alejandro), ancora una volta per le stesse ragioni, l’argomento e il processo alla base.