The Drums in cima alle nuove speranze dell’indie USA.

Let’s Go Surfing è una di quelle canzoni che hanno lasciato il segno. Hanno proiettato i The Drums in cima alle nuove speranze dell’indie Usa. Tutto era bellissimo, sold out e dischi in classifica. Nel bel mezzo del loro primo tour headliner il chitarrista Adam Kessler molla il colpo e la band ne rimane devastata. Jacob Graham, Connor Hanwick e soprattutto il leader Jonathan Pierce rimangono sconvolti dalla notizia e rischiano di sciogliersi a seguito di un tracollo emotivo. 

Per sopravvivenza si mettono subito al lavoro su nuove canzoni e in questo clima di dolore e speranza nasce Portamento il secondo disco della band di Brooklyn. Con la loro malinconia nascosta dietro ad un allegro handclapping, i The Drums cominciano a spogliarsi lentamente di quell’alone Morrissey vs Beach Boys che aveva contraddistinto il loro debutto. Non basta un ascolto fugace per rendersi conto che i ragazzi del surf sono cresciuti. 

foto Simon

Gli ultimi due anni sono stati molto intensi per voi, quando avete trovato il tempo di registrare il nuovo album?

Jonathan: Forse è stata una reazione inconsapevole o forse no… ma abbiamo registrato la prima canzone per il nuovo album il giorno dopo che il nostro chitarrista ha lasciato la band. E’ stato un duro colpo, eravamo in tour, e credo ci sia servito per capire chi fossimo in quel preciso momento in cui ci sentivamo smarriti. Così abbiamo provato a scrivere canzoni focalizzandoci sulle nostre abilità scoprendo così che siamo in grado di scrivere bellissime canzoni pop. Ma questo ci è costato del tempo, non ci siamo arrivati subito, incidevamo dove ci capitava, oramai non ti serve uno studio di registrazione per incidere un pezzo, la mia cucina sarebbe stata la stessa cosa. Eravamo molto eccitati e anche spaventati, soprattutto io, avevo paura di aver perso l’ispirazione e di non riuscire a scrivere un secondo album. What You Were è stata la prima canzone che abbiamo scritto, più scrivevamo e più c’innamoravamo della nostra musica e appena avevamo due o tre giorni liberi registravamo. 

Hai scherzato sulla tua cucina come studio di registrazione, ma avete registrato veramente a casa tua o no?

Certo, anche in cucina. La strumentazione con cui registriamo la nostra musica tanto è sempre la stessa, ci siamo solo avvicinati al missaggio e alla produzione, cosa che prima non avevamo mai fatto, ci è stato molto utile un libro degli anni ’50 che ha trovato Jacob in cui passo per passo ti spiega come mixare un album. Avremmo potuto avere un grande produttore questa volta, ma non sarebbe stata la stessa cosa, imparare e metterci in discussione ci è servito molto e fare da sè ci riesce bene.

Quindi Portamento è figlio di un percorso?

Sì, è stato uno sviluppo del resto anche il disco stesso che è stato concepito come un viaggio che comincia in un posto arioso e fresco e termina nel buio claustrofobico. Dalla luce al buio, non ce ne rendevamo conto, ma ora ascoltandolo capisco che riflette in pieno il momento buio che stavamo attraversando. So che è facile pensare: “ma quali tempi bui?” siamo una band di successo, giriamo il mondo, suoniamo, sì così a dirsi suona bene ma non è per nulla facile te lo assicuro, difatti abbiamo rischiato di scioglierci cento volte! Siamo molto passionali e ci piace confondere le persone, quando siamo insieme possiamo scatenare una bufera, siamo spacconi, ma quando ci mettiamo a suonare si crea un alchimia speciale. Una cosa avevo chiara in testa, volevo che questo album fosse il più personale possibile, ogni canzone un pezzo della mia vita, la mia infanzia, i miei anni da teenager sino ad arrivare a dove sono oggi. 

E’ difficile per me immaginare canzoni ancora più personali di quanto già lo fossero nel vostro debutto…

Ahahah hai ragione, ma queste sono ancora più dirette!  C’erano canzoni personali nel disco precedente mentre l’e.p. era più un concept legato all’estate, si chiamava Summertime per Dio! Ma non avrebbe avuto senso per noi ripeterci. Credo che nei nuovi testi si percepisca proprio un’individualità e un cambiamento che mi hanno portato verso l’indipendenza, un processo che sto ancora vivendo. 

C’è una nuova vena elettronica nel disco, da dove sbuca? 

Anni, anni e anni fa, io e Jake abbiamo conosciuto un giovane ragazzo che c’introdusse ai Kraftwerk e un sacco di musica pazza degli anni 60 e 70 con i suoi pionieri dell’elettronica. Siamo rimasti affascinati da questi pionieri del synth e abbiamo poi scoperto che in comune avevano una cosa, l’utilizzo di un sistema analogico chiamato Portamento, inventato in Italia nel diciassettesimo secolo. E poi il disco è un tributo al primo computer della storia, grande praticamente quanto una stanza, pieno di leve, luci e pulsanti, è un mondo che mi affascina, scoprire come si costruivano, smontarli e osservarli, per il nuovo disco Jacob ha costruito un modular e un beat box. La cara vecchia tecnologia.  

Per noi italiani Portamento significa eleganza, è evocativo… 

Certo, è una bellissima parola, ha un bel suono, mi piace vederla scritta, ma poi sai non mi piace dare troppe spiegazioni, ricordo ancora che all’inizio della nostra carriera tutti ci chiedevano: “Perchè vi chiamate The Drums?” e io rispondevo perchè no? è solo un nome che mi piace, è come chiedersi perchè ti piace il colore blu… è solo un colore!

La copertina del disco, che è magnifica, ti ritrae bambino vicino ad una signora anziana , sul muro alle tue spalle c’è un crocifisso. La religione è molto presente in questo disco, so che sei cresciuto circondato dal lato più estremo del cattolicesimo, è stato difficile per te parlarne apertamente?

Ho riflettuto molto prima di parlarne, non ero mai stato diretto nell’esternare le mie idee riguardo la vita, la morte, Dio e la religione, forse perchè vivevano in casa con me. Sono scappato dalla mia famiglia e da quel mondo rifugiandomi a New York, è stato difficile ma ora se guardo indietro penso che la mia famiglia sia matta. Non parlare di questo non sarebbe stato onesto perchè era quello che mi passava per la mente, parlandone ho bruciato definitivamente le fiamme del mio inferno. Sapere di non dover temere un Dio che per me non esiste è stata una liberazione enorme.

L’ultima volta che siete venuti a suonare a Milano c’era un’atmosfera bellissima, tutti cantavano e ballavano, per una volta sembrava di stare a Londra a vedere un concerto. I tuoi passetti di ballo sono meravigliosi, il tuo fare scazzato e allegro è contagioso, è qualcosa che ti esce spontaneo quando sei sul palco?

Ahahahah! Grazie! Seguo la musica e quel che mi detta, non so dirti nel prossimo tour come sarò sul palco perchè non ho ancora cantato dal vivo le nuove canzoni, chissà come mi comporterò?!

Portamento non sarebbe stato lo stesso disco senza:

Walter Carlos divenuto in seguito Wendy Carlos, sono rimasto folgorato dalla sua storia, è stato uno dei pionieri della musica elettronica e tra i primi a utilizzare il sintetizzatore moog, è un personaggio misterioso e anche pauroso. Sul finire degli anni ’60 ha pubblicato Switched-On Bach un album che ha avuto un ruolo chiave nella storia della musica perchè è stato il primo a rileggere la musica classica in chiave elettronica rendendola così più popolare e accessibile. E’ famosa per aver composto la colonna sonora di Arancia Meccanica. Era nel retro della mia mente in ogni canzone che componevo. 

Immagino che durante gli ultimi due anni della tua vita avrai fatto degli incontri incredibili, quale ti ha fatto pensare: “Ok, ora posso morire in pace”?

Ahahahah! Sicuramente Gus Van Sant, l’ho incontrato nella sua casa a Los Angeles, io ammiro ogni cosa abbia fatto, cinema, libri, arte, musica, non credo esista persona più creativa, è estremamente interessante e ora siamo diventati amici. I suoi film hanno indirettamente influenzato ogni canzone del nostro primo album, me ne sono reso conto riascoltandolo, l’ossessione per lo stile di vita americano, la provincia, i ragazzi.

Qual’è il tuo film preferito di Gus Van Sant?

Il mio film preferito in assoluto è Elephant, è incredibilmente perfetto.

Quindi se Gus Van Sant è stato il mentore del vostro primo disco, chi è quello del nuovo?

Non l’ho ancora scoperto… te lo dirò la prossima volta, sono sicuro che lo scoprirò prima o poi.